Scheda a cura di NORISK
Un PAC, acronimo di Piano di Accumulo del Capitale, è una forma di investimento che consiste nel versamento periodico di un somma di denaro all'interno di uno o più prodotti finanziari.
La finalità principale del PAC è quella di consentire di investire sistematicamente flussi di denaro, anche poco ingenti, che si rendono gradualmente disponibili nel tempo. Come tale si tratta di un prodotto ideale anche per piccoli investitori o per chi abbia comunque un flusso reddituale costante nel tempo, ad esempio dei flussi cedolari, da dovere impiegare in altre forme di investimento o semplicemente lo stipendio.
Di fatto un PAC possiede la duplice veste di prodotto di risparmio e di investimento, caratteristica questa che lo rende molto interessante anche in ottica pensionistica: ad esempio è possibile destinare mensilmente una quota del proprio stipendio ad un portafoglio di investimento predefinito, in modo da poter disporre, una volta terminata la fase di vita lavorativa, di un reddito previdenziale aggiuntivo.
Si tenga presente che investire anche piccole somme di denaro, ma in maniera costante e disciplinata, sui mercati finenziari permette comunque di accumulare nel tempo (da qui il nome di Piano di Accumulo del Capitale) valori interessanti. A titolo di esempio si consideri che chi avesse investito nell'indice Dow Jones Industrials, 10 dollari ogni mese negli ultimi 30 anni, si ritroverebbe ad oggi con un montante di circa 20.000 dollari... e senza tenere in considerazione i dividendi distribuiti nel periodo.
Diversificazione temporale
Dal punto di vista prettamente finanziario, il PAC si rivela molto interessante anche perché consente un ulteriore livello di diversificazione: quello temporale. La possibilità infatti di non concentrare l'investimento in un'unica soluzione, e quindi in un unico momento temporale, permette di scongiurare l'eventualità di legare l'entrata sul mercato ad un timing sbagliato: si pensi a cosa sarebbe accaduto al capitale se si fosse concentrato l'investimento nella fine del '99 o nel primo trimestre del 2000.
Attraverso il PAC, invece, è possibile mediare nel tempo i prezzi di carico delle posizioni: di fatto in alcune occasioni si acquisterà a quotazioni di mercato basse ed in altre elevate, ma rappresentando ciascun versamento una quota minima del capitale che verrà complessivamente impiegato, il prezzo medio di carico, ossia la media dei prezzi di acquisto, non risulterà mai troppo elevato. Chiaramente sarà impossibile acquistare sui minimi, ma si eviterà di comprare sui picchi di borsa, punto di centrale importanza data la finalità non speculativa di un PAC: di risparmio e crescita del capitale.
Il ribilanciamento del portafoglio
Come detto un PAC può avere come sottostante anche più di un prodotto finanziario, la cui scelta è direttamente determinata dalla decisione di asset allocation effettuata a monte del portafoglio.
L'asset allocation (si veda la scheda relativa), ossia la suddivisione del capitale investito tra le diverse attività finanziarie, rappresenta molto probabilmente la decisione più importante all'interno di un PAC, in quanto deve essere assolutamente coerente con il profilo di rischio-rendimento desiderato o con le finalità specifiche dell'investimento. A causa però delle fluttuazioni dei prezzi, il peso delle diverse attività finanziarie contenute nel portafoglio tende a variare nel tempo, a volte anche in modo molto considerevole. Se ad esempio un portafoglio fosse inizialmente costituito 60% azionario e 40% obbligazionario e durante l'anno le azioni guadagnassero il 10% mentre le obbligazioni perdessero il 10%, a fine periodo il portafoglio sarebbe costituito per circa il 65% di azioni e per approssimativamente il 35% di obbligazioni.
Diviene dunque necessario ribilanciare, ossia riportare il portafoglio all'originaria composizione, riducendo l'attività che si apprezzata e incrementando quella che ha perso di valore.
Nelle modalità di ribilanciamento esistono due differenti filosofie. La prima implica di intervenire sul portafoglio a scadenze prefissate, ad esempio ogni sei mesi o un anno. La secondo invece consiste nello stabilire uno scostamento massimo accettabile, oltre il quale effettuare il ribilanciamento.
Questo secondo approccio è forse preferibile in quanto assicura un migliore controllo del rischio: evita sia di effettuare operazioni marginali, sia che il portafoglio diventi molto sbilanciato rispetto alla scelta iniziale. E' bene però in questo caso che il cuscino entro il quale far fluttuare liberamente il portafoglio sia abbastanza ampio (10-20 per cento) in modo tale da non imporre interventi e transazioni troppo frequenti.
Cosa ancora più importante è però che, una volta decisa l'asset allocation e la legge di ribilanciamento, le si segua in modo assiduo e costante, senza modificarle nel tempo in base all'andamento dei mercati.